L’equivalenza di offerte alternative alle specifiche tecniche di gara dev’essere espressamente indicata dalla offerente e non può essere la P.A. appaltante obbligata a ricercarla
Consiglio di Stato, sez. III, 30/4/2014, n. 2273
Su questa rivista si era già commentata (vedasi 25/9/2013) l’ordinanza del Consiglio di Stato che, relativamente ad una gara indetta dall’A.S.L. Bari per la fornitura di sistemi di prelievo sottovuoto – in cui erano richieste “provette con tappo di sicurezza con gel separatore di siero e con attivatore di coagulazione tipo trombina” – aveva confermato l’esclusione di una concorrente che offriva un prodotto parzialmente difforme, senza dimostrarne in gara la supposta equivalenza ma limitandosi a richiedere un’apposita istruttoria da parte della P.A. appaltante.
Giunta alla fase di merito, tale ordinanza è stata confermata dal giudice d’appello, che ha sostenuto come la concorrente esclusa non avesse permesso di procedere con il giudizio di equivalenza, non dichiarando detta equivalenza in sede di gara né tantomeno producendo alcuna prova idonea ad essere valutata ai fini del necessario accertamento in tal senso.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, le PP.AA. appaltanti sono certamente obbligate ad accettare offerte di prodotti e servizi che, sebbene non perfettamente conformi, cionondimeno risultino equivalenti alle specifiche tecniche indicate nelle discipline speciali, ma tuttavia questo deve avvenire a condizione che le offerenti diano concreta prova (“con qualsiasi mezzo appropriato”) che le soluzioni da loro prospettate siano effettivamente equivalenti alle richieste di gara.
Se ciò non avviene, ovvero in caso di prodotti e/o servizi non conformi e, contestualmente, in mancanza della prova relativa in sede d’offerta alla loro equivalenza, ne deve derivare l’automatica esclusione senza che l’offerente possa dolersi della mancata attività d’indagine da parte della P.A. in merito alla (ancorchè solo supposta) equivalenza.